…a gravità zero volteggiar e allegramente triturar bestiacce…
SORVEGLIAVO…
…con gastroenterologico sospetto che dal di fuori della mia stessa, personale, medesima VISCERALE solitarietà, nessuno infilasse, seppur con inganno, verme o qualsivoglia aracnoide, FALENA o cicala che fosse…
…giaceva il mio pensiero di apprensione per tal gastronomica ROVINA in sacca digerente a scongiurar d’ingollar CHITINA…
GRANDI…
…capolavori del passato…NUOVI incubi del presente
POESIULA DEL MEDICO INCURANTE
(le quattro terzine della malascienza)
MI TROVAI poi su tavolaccio apparecchiato per homini di BRUTTO aspetto che lor facciacce arcigne esaminarme e io semi-coricato, semi-stralunato mostrar lor panza ignuda che DENTRO di lei celar lo mistero di vita.
Prendevasi TEMPO per dimandar costoro qual fosse lo ARCAN che nel di dentro di ME STESSO MEDESIMO volean cercar e che io potevasi delucidar con eloquenza su incertitudine che la ombra NERA nel lor cranio or si facea vittoriosa.
Così giacevo in groppa a tal ORRENDA mensa e sanza speranza attendevasi malasorte di mia PANZA dove ei volea affondar fredda PINZA che già con manmaldestra BRANDEA nell’aere per cavar fuori lo mal che si dicea l’homo serba in seno.
Ma laddove l’homo è homo ivi è VIZIO e malcuranza che bastò sottil grido di DONZELLA…forse invocava aiuto…non so…e la panza mia volle ringraziar ELLA ed intonsa nel suo candor restò…restai fermo sopra vil tavolaccio un po’ sorpreso e un po’ chissà…
…poi scappai…